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L’edizione del 1609-1610 del Trattato uscì sotto il nome della Typographia Linguarum Externarum di Roma, mentre quella del 1619-1620 presso Pietro Cecconcelli “alle Stelle medicee”. 

Quello della Tipografia Medicea Orientale è un caso forse unico nell’Europa del suo tempo. Il cardinale Ferdinando de’ Medici (1549-1609), mosso da ragioni di prestigio non meno che da uno specifico interesse, nel 1584 fondò infatti a Roma una casa editrice indirizzata alla pubblicazione di testi arabi e siriaci. L’attività proseguì anche quando Ferdinando per ragioni dinastiche lasciò il cardinalato, divenne Granduca di Toscana e si sposò. Il vero protagonista dell’impresa fu infatti l’orientalista Giovanni Battista Raimondi (circa 1536-1614), grazie alle cui competenze (unite ai servigi del punzonista Robert Granjon) la tipografia si munì di numerose polizze di caratteri orientali. L’impresa avrebbe dovuto pubblicare un’edizione poliglotta della Bibbia, ma in realtà l’attività editoriale si indirizzò verso altre iniziative, come i Vangeli arabi del 1591 (con illustrazioni di Antonio Tempesta: vedi The Bible on the move, scheda C.2) o la versione araba di Euclide del 1594. Viste le difficoltà economiche della tipografia, il Raimondi acquistò lui stesso l’officina, che prese il nome di Typographia Linguarum Externarum, ed era dotata di un’ingente raccolta di manoscritti orientali.

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La tipografia fiorentina del Cecconcelli, attiva circa dal 1615 al 1628, era invece specializzata in testi di attualità, dai bandi ai programmi di feste e rappresentazioni teatrali, ma non solo. Si trattava certo di materiali spesso legati alla corte medicea e ai suoi interessi, dai temi turcheschi (vedi Prospero Bonarelli, Il Solimano. Tragedia del 1620) a quelli artistici (vedi Pietro Accolti, Lo inganno de gl’occhi, prospettiva pratica del 1625): a tali edizioni collaborò più volte anche il giovane incisore e artista Jacques Callot. Con la qualifica “alle Stelle medicee” Cecconcelli intendeva onorare i signori di Firenze, ai quali nel 1610 Galileo Galilei nel Sidereus Nuncius aveva dedicato i quattro satelliti di Giove da poco scoperti: una loro raffigurazione compare infatti nella marca editoriale, a segnalare ancor più lo stretto legame dell’edizione col suo dedicatario Cosimo II Granduca di Toscana.