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Nell’introduzione alla prima veduta di Gerusalemme (1620, tav. 44), raffigurante la città ai tempi dell’autore, Bernardino Amico tiene a specificare che questa immagine inizialmente non rientrava nei suoi piani, a causa dell’impossibilità di adattarla al suo rigoroso regime prospettico che richiedeva di «misurare il sito per via geometrica; perché accorgendosene i Turchi ne poteva nascere qualche gran disturbo» (parendo un’operazione di spionaggio). Tuttavia, avendone «viste molte di parecchi, e gravi autori, tutte diverse» e colme di negligenti errori dovuti al fatto che appunto questi autori, «chimerizando fra loro stessi, non hanno voluto vedere, né sito, né luogo» (1620, c. Pp1r), l’Amico decide di recuperare l’operato di altri due francescani, riproponendo una versione aggiornata della veduta della città dal Monte degli Ulivi realizzata invece “in presenza” dal poco più anziano Antonino De Angelis con l’aiuto di Gianfrancesco Della Salandra.

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La vicinanza di Bernardino Amico all’operato di De Angelis e Della Salandra lo accosta al movimento proto-archeologico che interessò alcuni frati proprio in quegli anni, concentrati in particolare a definire i confini della cinta muraria di Gerusalemme prima della ricostruzione voluta da Adriano nel 135 d.C. La necessità di tale studio era mossa dalla domanda sull’effettiva posizione del Calvario e quindi del Santo Sepolcro: trovandosi dentro le mura della Città vecchia (ai tempi dell’Amico così come oggi), Bernardino desidera «levar via quella mala opinione d’alcuni, li quali vogliano con lieve ragioni, che non sia questa la Città; ma traslata, con dir adesso il sacro monte Calvario si ritrova dentro; […] valendosi di quel detto di san Paolo all’Ebrei 13. Christus extra portam passus est [13,12] Et oggi pur è dentro, dunque è traslatata» (1620, c. Qq1r).

La discussione sulla posizione del Santo Sepolcro, in realtà, era stata trattata già in precedenza. Il belga Jean Zuallart, per esempio, nel suo Devotissimo viaggio di Gerusalemme del 1587, riporta una veduta della città in cui una linea marca quella che sarebbe potuta essere la cinta muraria al tempo di Gesù, lasciando appunto fuori il Calvario (p. 131); e così come lui anche molti altri concordano con questa opinione. Lo stesso Amico, di fatto, si inserisce in tale filone, proponendo una sua pianta con la città vista non da Est ma da Ovest (1620, tav. 45) e cercando fonti che dimostrino l’assunto: la fonte principale sarà la Guerra giudaica dello storico ebreo Flavio Giuseppe (I sec. d.C.), leggendo la quale indaga la nomenclatura delle torri e prova a determinare quale fosse la cinta muraria della Gerusalemme del I sec. d.C., dimostrando la posizione esterna del Calvario.